A che serve il tuo, il mio sguardo? Chi ci rivendica?
dal libro Esitazioni del poeta e attore Marcello Sambati
Disegno luci Gianni Staropoli
Voce, materiali sonori e drammaturgia poetica Marcello Sambati
Azioni Sabrina Cristiani
Ideazione e danza Alessandra Cristiani
,
con il sostegno di
Armunia Festival Costa degli Etruschi
in collaborazione con
Officina Dinamo. fucina creativa
con il contributo di
La società dello spettacolo associazione di cultura,
Centro di Residenza Foligno InContemporanea
PERFORMING SANTA CATERINA- prova aperta il 26 Marzo 2017
E’ una nuova creazione, è l’urgenza di un nuovo sentire, l’emergere di un paesaggio interiore, come viene indicato nel linguaggio di una drammaturgia corporea. La mia esigenza è di stare dalla parte del corpo, di ritrovare il linguaggio del corpo, fondarlo dal corpo. Ogni creazione è un nuovo inizio, un nuovo sentore delle cose del mondo e che in realtà ci sfuggono e per questa loro fuga ci muovono, ci interrogano, ci scuotono terribilmente. Ci muoviamo per risolvere o viverci un’oscurità d’animo, uno stato del corpo precario. Questa epoca ci regala le sue inquietudini, cecità di senso, accensioni, visioni. Mi ritrovo al limite della loro percezione come in un tempo saturo, in uno spazio pieno. A chi rivolgere la traduzione di un tale stato del corpo, di questo sguardo, questo timido affacciarsi con pudore e ferocia che un atto corporeo comporta? Dal corpo desidero parlare, catturandone i segnali che la pratica performativa della Butoh Dance mi ha insegnato a intercettare. Del corpo desidero parlare, della sue ottusità, dei suoi sogni, dei suoi paesaggi intimi, delle sue tane e difese, delle sue intuizioni, masticazioni e desolazioni del reale, dei suoi rigurgiti visivi. Di come il corpo si lascia guardare e di come non è più guardato, attraverso un processo di propria e intima immaginazione.
inginocchiati
in tremante fratellanza
due volte vivi
sul dorso che somiglia a un cuore
per farci più rari,
ancora
(Marcello Sambati, Esitazioni)
Anatomie dell’ombra
In questo interrogare il guardare nel suo rifrangersi continuo, in questo giocare lo sguardo per ciò che non può far vedere, nasce il desiderio e l’utopia di un progetto fotografico in bianco e nero, che possa restituire attraverso l’assolutezza e la pastosità dei suoi colori primari, l’indicibile sospeso dell’atto, generato dallo stato corporeo e della visione, figliata dal verso poetico. Lo scatto fotografico entra nell’immaginazione e nella grafia di un altro ordine del reale: l’ineffabile, l’indefinibile, che sembra costantemente scivolarci accanto denso e silenzioso. Nell’organicità del lavoro le fotografie esposte o raccolte costituiranno un tempo e uno spazio altro e ulteriore, una sorta di anticamera alla performance. Un’azione al negativo da mostrare per ricondurci a quell’energia ambigua e attiva che risiede negli occhi e dagli occhi. Al progetto lavorerà principalmente il fotografo Daniele Vita.